Rasente io, flottante svuotata spoglia
morsa sul collo, indosso voglia estrema
d'oblio, derivante nel rutilare di gorghi
pel greto sassoso dal gorgoglìo fluente
d'un livido incubo funereo. In esso
è cinereo il vagabondare insonne;
come pure della corrente la furia
cerulea ingiuria, esondante liquame.
M'appartiene anche l'intrico venoso
sovrastato e sommerso: infiltrato
d'inquinamenti ambientali, torbido
nell'esangue paesaggio umorale
mesto di pire a ridosso incombenti
schizzanti calde faville a paradosso
d'aghi ghiacciati e schegge, da Zefiro
nell'occhi soffiate accecanti minuzie
tra bacche occhieggianti inquiete nell'ombra
scosse da brezza screpolante ispida
come baci da bocche scarnite che
apposti su labbra, annuncino tregua.